Giovani stigmatizzati: basta narrazioni tossiche, servono spazi e responsabilità
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un crescendo di articoli, servizi televisivi e narrazioni mediatiche che raccontano i giovani – in particolare adolescenti e preadolescenti – con un linguaggio giudicante, superficiale e fortemente stigmatizzante. Termini come “generazione maranza”, “ragazzi interrotti”, ormai ricorrono con allarmante frequenza, alimentando un immaginario sociale che riduce l’adolescenza a un problema da contenere o a una deriva da reprimere.
Questa narrazione non è innocua. Ha conseguenze dirette: alimenta il sospetto, isola, cristallizza comportamenti e identità, e costruisce una distanza tra adulti e giovani che diventa ogni giorno più difficile da colmare.
Troppi i servizi proposti da testate nazionali che offrono una visione caricaturale e spaventata del mondo giovanile. Ragazzi ripresi di spalle, volti sfocati e voci alterate, dichiarazioni sensazionalistiche, interviste che cercano il titolo d’effetto più che la comprensione. È una narrazione che fa leva sulla paura, riduce la complessità e rinuncia in partenza all’ascolto.
Non si tratta di negare fatiche, errori o forme di disagio reale. Sarebbe irresponsabile farlo. Ma interrogarci su questo tipo di narrazione significa chiedere uno sguardo più onesto, capace di vedere nei ragazzi e nelle ragazze soggetti pieni, con desideri, domande, contraddizioni e potenzialità.
La domanda vera non è “che cosa non va nei ragazzi di oggi?”, ma “che cosa stiamo offrendo loro come adulti, come educatori, come comunità?”
In un’epoca in cui tutto viene giudicato in tempo reale, dove il successo è misurato in like e la fragilità è un bersaglio, abbiamo un dovere: creare spazi liberi dal giudizio, luoghi dove la parola possa essere presa senza il timore di essere derisi, zittiti o etichettati.
Abbiamo bisogno di adulti presenti, non spaventati. Adulti che sappiano accompagnare senza controllare, sostenere senza sopraffare. Serve il coraggio di costruire contesti educativi dove la relazione è al centro, dove le regole non sono strumenti punitivi ma strumenti di riconoscimento reciproco. Dove anche l’errore trova un suo posto, e diventa occasione di crescita, non motivo di espulsione.
Servono Istituzioni responsabili e non meri apparati normativi. Servono comunità realmente educanti, capaci di esporsi, di rimettersi in gioco, di riconoscere il proprio ruolo senza cadere nel vittimismo dell’adulto impaurito o nella retorica della gioventù perduta.
Non possiamo più permettere che il racconto dei giovani venga affidato solo a chi cerca lo scoop o il caso da spettacolarizzare. Abbiamo bisogno di narrazioni nuove, fondate sull’ascolto, sulla prossimità, sulla possibilità.
In tante periferie di Milano e anche nell’Ambito Visconteo, numerose realtà – come la nostra www.formattart.com – lavorano quotidianamente per garantire ai giovani l’accesso ad opportunità artistiche e culturali che li aiutino a sviluppare senso critico, capacità di lettura del presente e soprattutto nuovi immaginari, capaci di aprire futuro. Queste esperienze educative e culturali non fanno rumore, ma costruiscono possibilità, giorno dopo giorno. Perché i ragazzi non sono “interrotti”: sono in cammino. E il nostro compito, come adulti, non è giudicarli da lontano, ma camminare accanto a loro, con serietà, con rispetto, con responsabilità.
Oggi 19 maggio 2025 al Palazzo del Cinema ci incontriamo con alcuni dei ragazzi di quelle periferie che tanto vengono narrate.
Ore 10 ADOLESCENZE l’inizio del viaggio.
Smettiamola di voler fare narrazioni dei o per i ragazzi e ragazze, diamo loro gli strumenti per narrare da soli la loro storia.
