Le mani raccontano, costruiscono, attraversano il tempo con addosso segni che sono unici. E dunque meritano un ritratto tanto quanto i volti. Un ritratto che sia una mappa, anzi l’inizio di una mappa narrante, nella quale ci sono luoghi, tragitti e partenze.

Allora partiamo! Cominciamo dal  SOGNO, inteso come desiderio, motore che spinge la mente e il corpo in un altrove a volte fisico, a volte metafisico. Sul mignolo il sogno di bambino; sul pollice il sogno di oggi. Sul palmo della mano, tracciamo tre punti, tre luoghi: uno quello in cui eravamo mentre sognavamo da bambini, l’altro il luogo in cui sogniamo il nostro presente, l’ultimo, il luogo in cui vorremmo realizzare il nostro futuro. Eccoli qui i ritratti di mani su tela da cui sgorgano storie…storie che cuciamo insieme con un resistente filo rosso.

MARCO: (il sogno di bambino) io da bambino ho avuto la fortuna di conoscere Fausto Coppi. E chiaramente conoscendo tutta la squadra di Coppi e della Bianchi, Carrera e tutta quella gente lì, da piccolino volevo diventare campione di bicicletta. A 5 anni, hanno avuto la bella idea di prendermi come mascotte della Bianchi. Quindi ad ogni incontro che veniva fatto al velodromo Vigorelli, c’era un bel bambino piccolino che faceva da apri pista ai corridori: alle gare della domenica pomeriggio c’erano tutti i corridori dietro e io davanti. Facevo un giro e mezzo.  E poi non dovevo superare la riga nera perché la riga nera era ancora il punto dove stavi in piedi, come andavi su dovevi andare per forza ad una certa velocità, altrimenti tornavi giù. Io ero piccolino: loro, i corridori,  facevano una pedalata  di tre quattro metri, io avrei dovuto andare ai duecento all’ora per stargli dietro! A quell’epoca non c’erano i filmini, c’erano solo le fotografie e l’unica fotografia che abbiamo in casa è dei Campionati del Mondo del 1952 con  Patterson e Fausto Coppi. L’anno dovrebbe essere il ’52, dalla data degli occhi storti, perché io sono stato operato due anni dopo e in quella foto ho ancora gli occhi storti. Quindi era il ’52 o ’53. E lì mi è rimasto il fatto della bicicletta…mi hanno costruito una bicicletta, eh! A Bergamo, la Bianchi mi ha costruito una bicicletta, la maglietta di lanetta, la borraccia per bere l’acqua e le scarpette e il cassetto bianco e azzurro a strisce. Se vai sulla gazzetta dei Campionati del Mondo dell’epoca, io ce l’ho a casa, viene fuori quella fotografia lì. Dopo tre o quattro anni da quella foto sono caduto in bicicletta e mi sono rotto tutto e mio papà ha detto basta, in bicicletta non ci vai più! (il sogno del presente) Il mio desiderio nel “mezzo del cammin di nostra vita” è sempre stato quello del lavoro e della famiglia. Mi piacerebbe diventare bisnonno. Un nipote ha 14 anni, l’altro 18…altri dieci anni ce la facciamo! Il luogo in cui ho sognato il sogno di bambino è Milano, al quartiere isola dove sono nato e ho sempre abitato. Ora è un bel quartiere ma una volta, se entravi all’Isola e uscivi ancora tutto intero eri fortunato. Il luogo in cui sogno il presente è Milano.  Il luogo in cui desidero vivere e sognare il futuro è ancora Milano. Milano è il mio luogo del presente, del passato e del futuro

RASHID: Il mio sogno di quando ero piccolo è legato al paese in cui sono nato. Nel mio paese c’era un aeroporto e io, tutti i giorni, vedevo gli aerei passare. E il mio sogno era diventare un pilota. Sempre sognavo e dicevo a mia mamma che volevo diventare un pilota. E anche adesso è rimasto in me il sogno di diventare pilota, se un giorno avrò la possibilità.  Ma ora tutto ciò di cui ho bisogno è solo di lavorare. Non so se sarà ancora possibile che io diventi pilota. Il posto in cui ho sognato da piccolo era la Nigeria. Il mio sogno presente lo sogno a Colico. Per il futuro vorrei che il mio posto, il mio luogo fosse l’Italia e se riesco qui vorrei diventare un pilota.

BENJAMIN: Sono nato in Togo. Quando ero molto, molto giovane mi piaceva il football. Mio papà mi portava spesso alle partite. Il mio sogno, per molto tempo, fu di diventare un calciatore. Guardavo la tv e vedevo Del Piero e volevo giocare come lui. Ma ora, al giorno d’oggi, so che non è possibile: all’epoca giocavo molto bene ma ora non più.  Adesso ho 19 anni, non ho soldi e mio padre è morto.  Vivo a Colico, sono un immigrato e non avrei mai sognato di essere un immigrato. Ma questa è la strada che Dio ha scelto per me. Ora il mio sogno è di lavorare e fare un po’ di soldi per tornare in Togo e aiutare la mia gente. Per il futuro voglio tornare in Togo e aiutare le generazioni future in modo che nessuno debba ripercorrere le strade pericolose che abbiamo fatto noi. Questo è il mio futuro.

NICOLETTA: Il mio sogno da bambina era rivedere Paolo vivo. Paolo era mio fratello che è morto quando io avevo 5 anni e lui aveva 18 mesi. In assoluto è stato il dolore più grosso della mia vita. E’ stata una cosa molto forte. Invece per il futuro voglio vedere mio nipote Francesco grande, felice realizzato. I posti della mia vita sono Genova, dove è morto Paolo. Il luogo dove sogno nel presente è Milano. E in un domani, mi piacerebbe andare a Camogli. Camogli è un posto che amo perché quando è finita la guerra noi da Bologna siamo tornati a Genova . Ma Genova nel ’45 non esisteva praticamente più, era distrutta. I miei nonni, che non avevano più casa perché era stata bombardata, avevano una villetta a Camogli. La prima estate della pace, nel ’45, noi l’abbiamo passata lì, dove non c’era più la guerra, non vedevamo più i tedeschi che io, che noi bambini, abbiamo visto uccidere molte persone. Avevamo fatto tanta fame durante la guerra e a Camogli, con la pace, gli spaghetti e il riso col pomodoro non mancavano mai! Il riso col pomodoro…E mio fratello più grande si alzava su una sedia e cantava felice che c’era da mangiare.

IBRAHIM: Quando ero in Mali facevo già il panettiere ed ero ragazzino, avevo 15 anni. Il sogno lontano, di quando ero bambino, è avvenuto in Mali, nella città di Kidal. Non riesco a ricordare dei sogni che avevo da piccolo. So che ora sogno a Piona, sogno di restare per sempre in Italia e fare del buon pane.

IDA: E mentre racconto la mia storia, cucio. Tanto tempo fa, il mio sogno era di avere un paio di Jeans. Quando ero piccola io, le donne che portavano i pantaloni non erano proprio per bene. Era il 1956. Però cominciavano a metterli: c’erano tante ragazze che li mettevano. E io ho tempestato mia madre per un bel po’ di anni perché me li comprasse e, finalmente, me li ha comprati! Se avessi potuto li avrei messi anche di notte. Però stavo molto attenta nel camminare: dato che io quando cammino faccio così (fa il segno di muovere i fianchi), stavo attenta  e cercavo di camminare dritta, senza muovere neanche un muscolo del sedere. Sembravo di gesso. Facevo molta fatica. Oggi sogno di andare in Russia, vedere l’Hermitage. Io ho viaggiato molto: il Giappone, l’America…ma il mio sogno è sempre stato andare in Russia. Perché amo gli scrittori Russi, Tolstoj, la sua Dacia. L’ho quasi vista, anche se non l’ho vista…e mi affascina la storia dello Zar, gli oggetti preziosi, i quadri dell’Heritage…Bellissimo. Il luogo del sogno del passato e del presente è Milano. Il luogo in cui mi piacerebbe vivere in futuro, con tutta la mia famiglia, è alle Canarie.