Da dove vieni? Chi è tua Madre? Chi è tuo Padre? Costruiamo il grande ALBERO dei Padri e delle Madri. INSIEME

 

 

BENJAMIN: Il mio nome è Benjamin. Il nome di mio padre è Soliman. Mia madre si chiama Selifa. Il nome del mio nonno materno è Monir e fatima è il nome della mia nonna materna. Ibrahim è il mio nonno paterno e Asia è la mia nonna paterna. Mio zio paterno si chiama Mussa e sua moglie è Farida. Nel ramo di mia madre lo zio si chia Sherifud e la zia Latifah. Mio padre era un ingegnere e mia madre era una donna d’affari. Quando avevo dai 7 agli 8 anni avrei dovuto seguire mio padre per imparare il lavoro. Non per lavorare ma per seguire papà e vedere cosa faceva. Ma mia mamma non voleva che seguissi mio papà al lavoro perché secondo lei dovevo andare a scuola. Ma io a volte preferivo seguire mio padre al lavoro invece di andare a scuola. Perché quando stavo con mio padre lui mi comprava tutto quello che volevo. Un giorno mia madre decise di andare a scuola a incontrare la mia insegnante e di riferire a lei se io non andavo a scuola che poi ci avrebbe pensato lei a punirmi. Questa è la ragione per cui son andato a scuola e non posso scordarmi mai di mia madre. Io so che mia madre ha avuto ragione perché mia madre si è sempre presa cura di me quando avevo bisogno, quando piangevo o stavo male o le cose andavano male. Nella mia famiglia, mia madre è la persona più importante nella mia vita per me. Io vivevo solo con mia madre e mio padre, non con tutta la famiglia grande. Però quando si avvicinavano le feste andavamo dalla famiglia grande. E la storia che vi voglio raccontare è che quando si va a trovare la famiglia grande, si porta sempre molto da mangiare. il cibo viene messo in una grande ciotola, in mezzo alla tavola. E si mangia tutti insieme dalla stessa ciotola. Mi ricordo che la prima volta che io sono stato a questa festa, non sapevo come funzionava bene, quindi ho preso solo due manciate di cibo perché era finito. Avevo mangiato troppo lentamente perché quando ero a casa mia con mia mamma e mio papà, mi davano sempre il mio piatto e mangiavo lentamente finché finivo…

NICOLETTA: Mio papà si chiamava Stefano. Mia mamma si chiamava Maria. La mamma di mio papà era Giulia e il papà di mio papà era Angelo. Giulia era figlia di Federico che era un signore che apriva scuole per il popolo in tutta la Liguria. Ed è stato una persona molto importante: si occupava di Storia e fondava scuole. Mia nonna era un’insegnante. Così anche le mie zie. L’unico che non era insegnante era mio padre che faceva il medico.
Nel ramo materno, invece, suo padre si chiamava Mario e sua mamma Margherita. Mia nonna è morta prestissimo: mia mamma aveva 3 anni, neanche lei se la ricordava. un giorno è caduta in terra, ha battuto la testa ed è morta. Mario e Margherita hanno avuto tre figli: mia mamma, Ida e Piero. Da Maria e Stefano sono nata io, mio fratello Tino, mia sorella Lalli e mio fratello Paolo che non c’è più e non l’ho segnato. Di tutte queste persone io volevo molto bene a mia nonna Giulia, la madre di mio papà. Del lato paterno io so molto perché ho avuto un rapporto molto stretto con mia nonna con le zie. Del lato materno, invece, molto meno perché sono morti tutti molto giovani. Parlerò però di una cosa di cui mi vergogno molto ancora oggi. Con mio zio Piero, il fratello di mia mamma. Lui era un cacciatore. Andava per passione. e andava a caccia in alta montagna. cacciava gli stambecchi, i caprioli, il gallo cedrone…gli animali d’alta montagna. Io e mio fratello e mio cugino, il figlio di Piero, andavamo con lui a caccia. Camminavamo, camminavamo, camminavamo…eravamo piccoli, però. Avevamo 6 anni. Il figlio di mio zio Piero, Mario, mio cugino, eravamo fidanzati, ci volevamo sposare: 6 anni io, 7 anni lui. E allora volevamo far vedere quanto bravi eravamo a caccia. Una volta, per dimostrare che eravamo forti e grandi cacciatori, abbiamo fatto una gara a chi uccideva più grilli. Mi vergogno ancora adesso: ho una fotografia i cui ho in mano un sacchetto pieno di grilli morti. Poi mio zio ci ha picchiati. Anche perché con Mario abbiamo combinato tante monellerie. Un’altra volta eravamo andati a caccia, però lungo il fiume e lì eravamo spariti. Ci hanno trovato la sera tardi. I contadini dove mio zio lasciava la macchina, ci avevano detto se volevamo portare le mucche al pascolo. E noi abbiamo detto di sì, poi abbiamo abbandonato le mucche e siamo andati a giocare nel fiume. E da mezzogiorno siamo tornati a casa alle nove di sera, era buio. Con tutta l gente del posto che ci cercava, pensando che fossimo morti nel fiume. E allora ce le hanno date. Le storie con Mario finivano sempre con le botte dei grandi! Una volta eravamo andati a giocare da dei contadini e ci avevano detto: “fate tutto quello che volete, bambini, ma non raccogliete la pera!”. C’era una pera enorme che dovevano portare ad una mostra, una competizione. E cosa abbiamo fatto? E noi l’abbiamo raccolta! E ne abbiamo mangiato solo un po’, perché era troppo grande. Quel giorno è stato il giorno in cui ne abbiamo combinate di più. A sei, sette anni, andavamo a camminare sulla ferrovia. Quante ne abbiamo prese! Poi la città, Asti, è tutta collegata dalle cantine, per il vino e noi correvamo a cercarci in giro per le cantine…mamma mia! Che bei ricordi! Per fortuna allora ho camminato molto, perché adesso invece non cammino più!

HEIDER: Il mio nome è Zeeshan. Mia madre si chiama Bushan. Il nome di mio padre è Thalib. Del ramo paterno, mio nonno si chiama Hader e mia nonna Fatima. Dal ramo di mia madre, anche mio nonno materno si chiama Haider e mia nonna si chiama Sardara. Mio fratello si chiama Fanny. Mio zio, dalla parte di mio padre, si chiamava Azhar, è uno zio che è morto. Mia sorella si chiama Sunni. Le persone più importanti per me sono mia sorella e mia cugina. Sono le persone importanti nella mia vita.

FAMOURI: Mio padre e mia madre sono le persone più importanti della mia famiglia per me. Quando ero piccolo, io giravo sempre con i miei genitori. La mia mamma e mio padre… io ero molto vicino a loro. Loro facevano il lavoro dei pastori, portavano in giro le mucche, i capretti, le pecore. Un giorno ho detto a mio padre che volevo andare a lavorare con mio zio che faceva il coltivatore. Mio padre mi ha detto: “ no, tu devi restare con me, perché quando io ti guardo mi sento libero, libero di lavorare. Il lavoro che sto facendo adesso, quando non ci sarò più, lo prenderai tu. Prenderai il mio posto. Tu devi restare e imparare come si fa questo lavoro.” Ho iniziato a lavorare con mio padre quando avevo 4 anni. La mattina dormivo e la sera andavo a portare gli animali al pascolo. Mi piaceva questo lavoro: prendevamo le bestie e stavamo in giro nel bosco, anche per tutta la stagione. Ci sono da noi alcuni mesi in cui piove tanto e l’erba cresce. Subito dopo si portano le bestie al pascolo. Per l’inverno si taglia l’erba, si fa asciugare e si dà agli animali perché mangino. I miei fratelli non lavoravano con mio padre, erano sempre pastori ma non lavorano con mio padre.

MOHAMED: Prima di iniziare mi presento: Keita Mohamed. Io ero un bambino un po’ educato, sono l’unico figlio che i miei genitori hanno avuto. Ero figlio unico. Anche il nipote unico da entrambe le parti della famiglia. I miei nonni hanno avuto, da entrambe le parti, dei figli unici: da una parte mio padre e dall’altra mia madre. E siccome i miei nonni erano molto amici, allora hanno fatto sposare i loro figli unici e sono nato io. Figlio unico. Da questo matrimonio è andata molto bene: perché sono nato io. Di tutta questa storia, la persona che a me piace moltissimo è la mia nonna, la madre di mia mamma. Lei era la mia preferita. Il mio nonno faceva il medico tradizionale, era un guaritore. Da noi, nel nostro villaggio, la religione musulmana è arrivata poco tempo fa. Lui, mio nonno, praticava questa medicina anche con gli spiriti, le erbe… La nonna era la mia preferita ma io facevo tanti guai e lei era sempre presente. Lei tutti i giorni era presente. Anche quando i miei genitori mi dicevano di andare a scuola e io invece andavo a giocare con la play station, i professori venivano a casa dei miei genitori per dire che non ero andato a scuola quel giorno, mia nonna li cacciava via, diceva “E’ un bambino, non capisce il senso di quello che sta facendo…lui è molto intelligente”. Mia nonna mi difendeva sempre! Abitavo praticamente con lei. Io non ho mai fatto cinque giorni di seguito con i miei genitori. Mai. 5 giorni di seguito con i miei genitori, no. Sempre con la nonna. Lei abitava nella nostra stessa città. Anche il giorno che io sono caduto con il mio culo nell’olio lei c’era. Lei era presente. Quel giorno io stavo giocando a calcio e la mia mamma faceva una specie di polenta. Aveva lasciato la pentola dell’olio sul fuoco, la cucina era in giardino, ed era entrata in casa. Io ero con i miei amici, ho preso la palla e mi sono avvicinato al fuoco: volevo vedere cosa c’era dentro la pentola. I miei amici hanno gridato il mio nome. Mi sono girato di colpo, ho perso l’equilibrio e sono caduto col sedere nella pentola di olio bollente. Ho ancora la cicatrice. Quel giorno tutti i miei nonni sono venuti a casa e così per una settimana!
Un giorno io e i miei amici abbiamo rubato la gallina di mia nonna. Eravamo andati a giocare a calcio ed eravamo stanchi. I miei amici mi hanno detto che avevano fame. Io ho detto che da noi non c’era niente da mangiare a quell’ora, ma che i miei genitori e i parenti erano fuori e gli ho detto che potevamo andare a prendere la gallina di mia nonna. Loro erano d’accordo. Gli amici sono andati a casa loro per prendere le spezie, loro dovevano occuparsi delle spezie e io della gallina. Ma alla fine la gallina non l’abbiamo mangiata. Sì l’abbiamo uccisa e poi l’abbiamo immersa nell’acqua bollente per togliere le penne. Ma poi è arrivata la nonna e ha detto: “questa è la mia gallina!” e noi: “no, non è la tua!”. Ma lei ha detto che era la sua e che voleva vedere la zampa della gallina perché lei aveva l’abitudine di tagliarle un dito. Era la sua. Allora io ho preso la gallina e sono scappato. La mia nonna a cui volevo molto bene, quando ho fatto il Tarzan è lei che mi ha portato sempre all’ospedale. Quando succedeva qualcosa lei era sempre con me. Io tengo a lei più che ai miei genitori.
Moussa era mio zio. Era in realtà era un mio cugino di secondo grado. Lo chiamavo zio perché è stato lui che mi ha fatto crescere e che mi ha insegnato il mestiere di meccanico. E’ qualcuno con cui ho vissuto per molto tempo, mi sono sposato da lui…I miei genitori sono morti quando avevo 14 anni. In due anni sono morti i miei genitori e i nonni. Sono morti di malattia. Mia mamma è stata operata 3 volte, io mi ricordo bene. Mio padre aveva il cancro. In due anni sono morti. Dio è veloce, a volte. Quindi sono cresciuto con lo zio. Quando loro sono morti, lui è venuto a prendermi, dal nord del Mali, abitava lontano. Da Bamako a Gao ci sono due giorni di strada che abbiamo fatto in autobus. Da lui ho imparato a fare il meccanico e tante cose ho imparato da lui. Lui faceva il meccanico e aveva anche un piccolo negozio dove faceva il rivenditore di pezzi di ricambio. Da quando avevo 14 anni ho vissuto con lui.

NICOLETTA: I miei fratelli sono Donatella e Antonio. Mia mamma Maria e papà Vivante. Io ho più ricordi dei parenti di mio padre. I genitori della mamma si chiamavano Adelmo e Cinzica. Ma non li ho conosciuti perché sono morti uno prima che nascessi e l’altro quando ero piccola. Invece i genitori del papà si chiamavano Adelina e Antonio. il papà aveva due fratelli: Ebe e Carlo. I miei genitori sono andati a lavorare all’estero quando avevo 6 anni. Quindi ho vissuto con la nonna Adelmina e gli zii. I miei ricordi sono con la zia che per me è stata la zia-mamma e con la loro figlia che aveva 15 anni più di me ma a cui ero molto vicina. Ho tanti ricordi legati a loro, perché vivevo in campagna, vicino al Po, con tutti indaffarati per cui noi bambini eravamo liberi e facevamo di tutto…Il ricordo particolare che ho con questa cugina, che lavorava a Parma, è di quella volta che alcuni suoi amici sono venuti a trovarla e lei voleva portarli a vedere il fiume Po in bicicletta. E io volevo andare. Ero piccola, ma andavo già bene in bicicletta. Quindi mi ha accettato, purché non dicessi niente a nessuno perché era una marachella anche sua, non solo mia. E quindi pedaliamo, pedaliamo e arriviamo sull’argine del Po. E ad un certo punto io sono scivolata giù dall’argine, mi sono alzata subito e mi sono rimessa sulla bicicletta come se niente fosse e la prima cosa che mia cugina mi ha detto è “non devi dire niente a nessuno!”. Ed è rimasto un segreto fino in tarda età. Ora non ci sono più ma ho dei bei ricordi legati a loro.

IBRAHIM: Mia mamma si chiama Maimuna. Mia nonna si chiamava Naghe Naghe. Mio nonno si chiama Husumani. Mio padre Ghausu. Il padre di mio padre si chiama Aliou. La mamma di mio padre si chiama Dalé. A me piaceva molto mio nonno, il padre di mia madre. Mio nonno aveva un ristorante. Ha fatto questo lavoro per molto tempo. E’ morto quando aveva 99 anni. Quando ero piccolo i miei genitori mi hanno portato da mio nonno e io ho vissuto con i genitori di mia mamma. Mia nonna è morta quando ero piccolo. I miei genitori lavoravano lontano e venivano a trovarmi solo qualche volta dal nonno. Mio nonno era una brava persona, faceva amicizia con tutti. Quando è morto, ho fatto molta fatica ad elaborare la sua morte. Quando ero bambino andavo nel suo ristorante e lo aiutavo. Mio nonno aveva un libro dove c’erano scritte tutte le sue ricette che io cucinavo col nonno. Il ristorante si chiamava Da Barì.

PINO: Io qui non li ho messi tutti perché erano troppi. la mia famiglia era molto grande. Mia mamma era Natalina, mio papà Antonio. Da parte di mia mamma, i nonni erano Ercole e Rachele. Giuseppe e Natalina sono i genitori di mio padre. I bisnonni da parte del papà sono Carlo Antonio e Giuseppina. I bisnonni da parte di mia madre sono Giuseppe e Maria. Ho messo anche i fratelli di mia mamma, Oreste, Mario e Peppino perché sono stati abbastanza significativi durante la mia crescita. Poi dalla parte di mio papà ho messo mio zio Onorato…non ci sono tutti…
Io fino a 10 anni sono vissuto nella fattoria di mio nonno Ercole. I miei ricordi più significativi, quindi, sono proprio qui, con mio nonno Ercole. Parlerò quindi di mio nonno Ercole. Lui era un agricoltore, perché aveva una fattoria. Possedeva anche mucche, un cavallo e dei terreni, anche. era una persona molto pacifica, nel senso che era di una calma olimpica. Ma era molto autorevole su tutti. Aveva delle manone da lavoratori cocciuti. E io quando lo vedevo lavorare, soprattutto quando doveva potare i tralci e gli alberi, soprattutto i ciliegi, a me sembrava di vedere una persona che aveva una delicatezza particolare, sembrava che soffrisse nel vedere potare i tralci. Lui amava le sue piante, le amava proprio. Era appena finita la guerra. C’era molta fame. Era fine maggio, inizio giugno, erano maturate le ciliegie. Era vicino il momento della raccolta ma, un giorno, siamo andati nella vigna dove c’erano tutti gli alberi di ciliegie e abbiamo trovato tutti gli alberi coi rami rotti, rubati, spaccati: per rubare le ciliegie più in fretta avevano spaccato i rami. Questo era successo. Mio nonno non l’ho visto arrabbiato. L’anno dopo, era lo stesso periodo, sono maturate le ciliegie. Però stranamente non è successo niente. Anch’io ho aiutato nella raccolta delle ciliegie, col cestone: mio nonno mi ha messo la scaletta, son salito e anch’io nella mia cesta ho messo le ciliegie. E abbiamo fatto la raccolta completa. Dopo un paio di giorni, ho visto mio nonno che, un mattino, ha preso il festone di ciliegie e si è messo lì seduto. Dopo poco tempo ho visto arrivare diverse persone da una cascina vicina: erano dei braccianti agricoli. Povera gente. Sono arrivati lì da mio nonno, si sono messi in fila e mio nonno ha cominciato a distribuire una razione di ciliegie ad ognuno. Erano quei braccianti che abitavano nella cascina lì vicino. io da quel fatto sono stato molto colpito: è stato un momento di educazione veramente forte per me. Cosa aveva fatto mio nonno? Lui è riuscito a convincere questi braccianti che, l’anno prima avevano distrutto gli alberi, a venire a prendere le ciliegie che lui regalava. Da quel momento in poi le piante sono sempre state intatte. Era gente appena uscita dalla guerra, avevano fame e lui li ha compatiti. La terra di mio nonno poi è stata venduta. ma gli alberi ci sono ancora.