Un desiderio muove il nostro nuovo progetto; quello di parlare d’amore. Riflettere sull’amore come esperienza privata ma anche come interrogativo pubblico e politico. Che significato dare alla parola amore? Quale spazio dare all’amore in una società che è orientata oggi più che mai alla divisività, al cinismo, a un individualismo e a una produttività che lasciano all’amore uno spazio troppo piccolo, privato, spesso infelice perché incapace? Come parlare d’amore con un gruppo di uomini, se l’amore è un argomento che – dalla letteratura, al cinema, alla quotidianità – sembra soprattutto interessare le donne? Come parlare d’amore a partire da un luogo da cui l’amore è strutturalmente escluso? Come parlare d’amore in una struttura patriarcale come quella carceraria? Come raccontare l’amore? Che cos’è, per noi, l’amore?
Da questi interrogativi parte la ricerca condotta con il gruppo di attori detenuti della compagnia. Ci siamo mossi tra letture – abbiamo scelto di partire dai grandi classici sull’amore, da Roland Barthes a Bell Hooks, passando da Dostoevskij a Shakespeare, da Wislawa Szymborska a Ada Merini, da Cyrano al Vangelo – racconti, improvvisazioni e momenti di riflessione collettiva, volti a costruire un serbatoio di parole, azioni fisiche e vocali, immagini, scritture sceniche da cui partire per la costruzione della nuova produzione della compagnia. Tra le immagini che stanno guidando questa ricerca sull’amore, due su tutte: quella di un giardino, un luogo in cui ci si interroga sull’amore, uno spazio da ricostruire attraverso la pratica dell’amorevolezza. In questo spazio c’è chi si prende cura delle piante, c’è chi parla seduto a una panchina a qualcuno che non c’è, c’è chi predica e si contraddice, chi raccoglie le tracce degli amori che sono stati… E una seconda immagine, quella di un dialogo intimo tra lo spettatore e l’attore, un momento di sosta, un incontro, in questo giardino, in cui poter parlare d’amore, raccontarlo, ascoltarlo, definirlo, interrogarlo, rivelandone il segreto.
Con gli attori detenuti della Casa di Reclusione di Vigevano
Regia di Alessia Gennari
Drammaturgia di Federica di Rosa
Coreografie di Edoardo Mozzanega
Assistente alla regia Federica Adamo
Scenografie di Dominique Raptis
Costumi di Sara Ricciardi
Tecnica Francesca Canzi
Responsabile organizzativa Iris Caffelli
Illustrazioni Marta Carraro
Una produzione Rumore d’Ali Teatro\ForMattArt