Il teatro in carcere è un tempo e uno spazio di libertà, relazione e cura.
Le esperienze di ForMattArt dimostrano che la cultura e la bellezza possono rigenerare le persone, anche nei contesti più difficili. Il carcere può diventare luogo di dignità e rinascita, se attraversato dall’arte.

“La scena ci salva perché ci guarda come esseri umani. Ci permette di stare al mondo con un altro sguardo. E forse, con un’altra possibilità.”

Il carcere è un’istituzione totale, uno spazio chiuso, dove il corpo è sorvegliato, il tempo scandito da regole esterne e la soggettività spesso ridotta al reato commesso. In un simile contesto, il teatro rappresenta un atto rivoluzionario: permette di ritrovare voce, corpo, immaginazione, relazione. È uno spazio sospeso che genera bellezza, cura e libertà. Un luogo in cui si può tornare ad essere persone, prima che detenuti. Nel carcere, l’arte non è evasione, non è intrattenimento, ma immersione: nella complessità umana, nella possibilità del cambiamento, nell’ascolto di sé e dell’altro.

“Il teatro è uno spazio in cui l’identità può essere ricostruita, in cui si può tornare soggetti attivi della propria narrazione, dove si fa anima collettiva”.


Esperienze concrete: il lavoro di ForMattArt nelle carceri lombarde

Dal 2016, ForMattArt opera stabilmente all’interno della Casa di Reclusione di Vigevano, grazie ai progetti Por FSE Regione Lombardia e al progetto nazionale “Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza”, promosso da Acri e sostenuto da numerose fondazioni bancarie, per la Lombardia Fondazione Cariplo.

Qui ha dato vita a un laboratorio teatrale che coniuga formazione professionale (in ambito scenico, tecnico e artistico) e percorsi di drammaturgia partecipata, attivando nei detenuti processi di responsabilizzazione e creazione condivisa.

Il laboratorio ha portato alla nascita della compagnia teatrale “Rumore d’Ali”, composta da detenuti-artisti che hanno ideato e portato in scena spettacoli originali, frutto di percorsi creativi intensi e trasformativi.

Dal 2019, nella Casa Circondariale di San Vittore, è attivo un laboratorio teatrale settimanale. Ogni venerdì, le operatrici incontrano un gruppo numeroso di detenuti per lavorare su tecniche teatrali, improvvisazione e scrittura scenica.

Si parte dalla letteratura — da storie, immagini e personaggi che non appartengono direttamente a nessuno, eppure parlano a tutti. Questo punto di partenza è fondamentale: permette di non restare imprigionati nel già detto, nella narrazione di un quotidiano recluso, nel racconto biografico che spesso si ripete o si irrigidisce. La letteratura apre spazi nuovi, rompe abitudini narrative, offre altre parole per pensarsi e raccontarsi.

Le drammaturgie che nascono sono frammenti condivisi, piccoli atti di riconoscimento e di relazione. In un tempo incerto e instabile come quello della detenzione, il teatro diventa così un luogo concreto dove esercitare voce, ascolto e immaginazione.

Nel 2021, ForMattArt ha inoltre realizzato, per Regione Lombardia, il progetto 5SENSI, una narrazione visiva e simbolica del sistema penitenziario lombardo, attraverso video e racconti girati negli istituti di Opera, San Vittore, Bollate, Beccaria (minori), Sondrio, Bergamo, Cremona e Vigevano. Il progetto ha dato voce a detenuti, educatori, artisti e operatori, documentando la ricchezza spesso invisibile che può fiorire anche dentro un carcere.

Il teatro come cura, come possibilità di trasformazione
Il teatro in carcere, per ForMattArt, non è mai un’attività accessoria. È un lavoro costante che coinvolge persone, emozioni, storie, corpi. Ed è proprio in questo lavoro quotidiano che si rendono visibili effetti reali e profondi, su più livelli.

Sul piano individuale, il teatro diventa uno spazio in cui le persone possono ritrovare fiducia in sé stesse. Salire su un palco, anche improvvisato, esporsi davanti a un gruppo, trovare le parole per raccontare o inventare: tutto questo rafforza l’autostima. Molti detenuti imparano a gestire emozioni forti – come la rabbia o la vergogna – e riscoprono talenti dimenticati: la scrittura, il canto, l’interpretazione.

Sul piano relazionale, il laboratorio teatrale è uno dei pochi luoghi all’interno del carcere in cui si lavora davvero come gruppo. Si ascolta, si collabora, ci si prende cura gli uni degli altri. Condividere una scena significa imparare a fidarsi, a rispettarsi, a uscire dalle proprie rigidità. Si superano barriere linguistiche e culturali e si costruiscono connessioni nuove, spesso inattese.

Sul piano culturale e civile, il teatro permette di riappropriarsi di un patrimonio simbolico ricco e universale. Le storie – da quelle classiche a quelle inventate insieme – offrono spunti per pensare a ciò che si è vissuto, ma anche a ciò che si potrebbe diventare. Parlare di libertà, di errore, di trasformazione non come concetti astratti, ma come esperienze condivise. Il laboratorio diventa così anche un luogo di cittadinanza: si agisce, si decide, si crea insieme.

L’importanza della bellezza nei luoghi chiusi
Lo confermano anche le ricerche dell’Università Bocconi: portare l’arte in carcere ha un valore concreto. Genera bellezza come forma di resistenza. In un luogo che tende a togliere identità, la scena teatrale diventa uno spazio in cui non si è più definiti dal reato, ma dalla possibilità. Dalla voce. Dal gesto. Dal racconto.

E quel racconto, quando esce fuori – attraverso uno spettacolo, una lettura, un video – crea un collegamento con la società. Il teatro in carcere non resta chiuso tra le mura, ma si offre come ponte: tra chi è detenuto e chi è libero, tra dentro e fuori, tra emarginazione e partecipazione.

“Il contatto con la bellezza – nella voce, nel gesto, nella scena – diventa un atto di riumanizzazione. L’estetica si fa etica, la cultura si fa cura”.


Come lavoriamo: metodo e approccio
I laboratori teatrali in carcere proposti da ForMattArt si fondano su un approccio attivo, esperienziale, costruito insieme ai partecipanti. Alcuni elementi ricorrenti.

Drammaturgia partecipata: i detenuti contribuiscono alla scrittura e alla messa in scena dei testi. Le storie si costruiscono insieme.
Improvvisazione e gioco teatrale: strumenti per esplorare sé stessi, gli altri, e uscire dai copioni abituali.
Formazione tecnica: audio, luci, scenografia e costumi diventano occasioni per acquisire nuove competenze.

Un ponte tra carcere e società
I progetti di ForMattArt dentro le carceri non sono mai autoreferenziali. Ogni percorso è pensato come parte di un sistema aperto, in relazione con il territorio, con la comunità, con le reti sociali. Non si tratta solo di “fare teatro”, ma di restituire umanità a luoghi che spesso la negano, di generare legami veri, di aprire possibilità. In una società che tende a dimenticare, rimuovere o stigmatizzare il carcere, questi laboratori costruiscono ponti reali: tra l’interno e l’esterno, tra esclusione e reinclusione, tra colpa e responsabilità.

Sfoglia il libretto creato nel laboratorio teatrale a San Vittore qui

Illustrazioni Cristina Pieropan